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Come il suono interagisce col nostro corpo: una Risonanza Dinamica

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Nel mio articolo “A Dynamic Resonance”, pubblicato di recente su The Harp Therapy Journal (HTJ, fall 2025, 119), presento un’analisi osservazionale di 67 sessioni individuali di VibroAcoustic Harp Therapy (VAHT) svolte nel mio studio di Bologna tra gennaio 2024 e giugno 2025. Il campione è eterogeneo: circa il 70% donne e il 30% uomini; da un lato persone con condizioni cliniche (post-chemioterapia, dolore da fibromialgia, tensioni croniche, endometriosi, fasi post-operatorie, disturbi psicosomatici), dall’altro persone sane interessate a consapevolezza corporea e benessere.


Ogni sessione segue la stessa cornice metodologica: breve colloquio iniziale, quindi un “assessment” vibroacustico in cui suono note diatoniche (generalmente in Do maggiore) su cinque ottave, dalla C1 (32 Hz) alla C6 (>1046 Hz), e infine una fase centrale di improvvisazione terapeutica ispirata a quanto emerso, seguita da integrazione e feedback. Ho annotato in tempo reale frequenze percepite, aree corporee attivate, qualità della sensazione (piacevole/ neutra/ spiacevole), reazioni verbali-emotive-somatiche e lo stato psicofisico pre/post.


Pur trattandosi di dati qualitativi, questo tracciamento consente letture longitudinali e comparative di pattern individuali e tendenze collettive. I risultati globali sono chiari: in tutte le sessioni i partecipanti hanno riferito una percezione fisica localizzata delle vibrazioni e una riduzione immediata di tensione/dolore/fastidio sin dalla prima seduta. Le parole più ricorrenti per descrivere l’esperienza sono state calma, rilascio, leggerezza, apertura e “risveglio corporeo”. Talvolta alcune frequenze risultano scomode o alcune aree rispondono con disagio: sono spesso i punti già in lavoro terapeutico e diventano occasioni di rilascio (lacrime non rare).


Il punto centrale che propongo è l’idea di una risonanza dinamica. All’interno di una stessa seduta (≈60 minuti) la mappa percettiva evolve: inizialmente il corpo “sente” solo certe vibrazioni; dopo 20–30 minuti l’awareness si amplia, la vibrazione scorre più liberamente e la struttura corporea diventa più ricettiva, come se il suono “aprisse porte” interne. Questo andamento dinamico—il suono che cerca nuovi spazi di risonanza—è un indice di fluidità e benessere; al contrario, assenza di sensazioni o vissuti di chiusura/tensione/blocco segnalano zone che chiedono ascolto.


Riconosco l’esistenza della risonanza per simpatia: quando una frequenza attiva una o più parti del corpo in accordo vibrazionale. Tuttavia, non emerge alcuna mappa universale frequenza-organo; piuttosto, ogni persona mostra un profilo unico e situato nel tempo. Ho chiamato in un precedente articolo (1) questo profilo “impronta sonora individuale”: come un’impronta digitale che può variare da sessione a sessione, con una stessa frequenza che talvolta risuona in aree anche distanti, o con una stessa area attivata da frequenze differenti. In alcuni casi la vibrazione viene percepita “oltre” il corpo fisico (soprattutto attorno a testa e dorso), dato compatibile con l’ipotesi del coinvolgimento del campo elettromagnetico umano.


Accanto all’unicità individuale, ho osservato regolarità “orizzontali” legate alle ottave corporee. Le risposte percettive si organizzano con notevole coerenza in cinque fasce ascendenti: 32–65 Hz (gambe), 65–132 Hz (bacino), 132–261 Hz (torace), 261–523 Hz (alto torace/spalle/collo), 523–1046+ Hz (testa). Nei follow-up, i soggetti che tornano mostrano pattern abbastanza stabili (stesse aree attivate da frequenze simili). Emergono anche differenze di genere: le donne tendono a percepire più spesso nella metà superiore (torace, testa; ~261–1046 Hz), gli uomini più nella metà inferiore (gambe, bacino; ~32–261 Hz). Esistono profili molto mobili, con spostamenti marcati tra sedute (es. da centro toracico a testa, o da medie ad alte frequenze), che richiedono un approccio flessibile e adattivo.


Dopo il mapping vibroacustico, l’improvvisazione musicale (su cicli modali semplici) funziona come fase di integrazione: qui i partecipanti riportano equilibrio, allineamento e sollievo, talvolta con immagini oniriche, colori o forme in movimento, o sensazioni di espansione “oltre” il corpo. Per sostenere continuità e contenimento terapeutico è risultata cruciale la coerenza tonale (centro tonale o struttura modale stabile) ed evitare eccessivi salti tonali.


Nel complesso, questi dati supportano tre messaggi chiave per chi si avvicina a terapie vibrazionali, risonanza, arpaterapia e sonoterapia:

1) la risonanza esiste per simpatia, ma si manifesta come “impronta sonora individuale” non riducibile a tabelle fisse;

2) il corpo mostra differenziazioni orizzontali coerenti con le ottave, dal basso verso l’alto;

3) soprattutto, la risonanza è dinamica: il suono si fa strada, esplora, collega, e quando il flusso vibrazionale si amplia osserviamo segnali di benessere e fluidità, mentre assenza di percezione o chiusura suggeriscono blocchi da accompagnare con ascolto e gradualità.


Pur preliminari, le evidenze raccolte—percezione chiara e localizzata in tutti i soggetti, alleggerimento immediato della tensione, emersione di mappe di risonanza personali—indicano il potenziale della VAHT come supporto complementare sia in ambito clinico sia preventivo, e aprono piste di ricerca nell’intersezione tra musica, psicosomatica e scienze vibrazionali.


Leggi l'articolo completo qui


(1) Gubri, Marianne, Human as a Multidimensional Harp: A Convergence between Therapeutic Music and Vibroacoustic Harp Therapy. Journal of the Interdisciplinary Society for Quantitative Research in Music and Medicine, Vol. 7


 
 
 

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